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Martina's blog ✈

"Collect moments, not things"

#7 Love♥︎

By 8:53 PM

Credo che il Chiostro del Bramante sia un luogo magico, dove la pop art è espressa attraverso un mezzo complicato che però, allo stesso tempo, è estremamente semplice. Tuttavia è anche vero che la semplicità è la cosa più difficile da raggiungere e gli artisti di cui sono esposte le opere sono riusciti non solo a raggiungerla, ma anche a catturarla. 

Per esempio c’è un’artista che mi ha colpita molto. Lei è Tracey Emin.   



Tracey Emin è un artista inglese contemporanea che ha fatto parte della Young British Artist, un movimento nato a Londra verso la fine degli anni ’80. Le forme in cui si propone sono molte; queste variano da un disegno, una pittura ecc. a delle fotografie o, come in questo caso, delle semplici scritte neon. Con l’aggettivo semplice si torna al discorso di prima e si può affermare che queste tre scritte neon (“My Forgotten Heart”, “Those who Suffer LOVE” e “You Saved me” ) siano semplici ma efficaci, che il linguaggio dell’artista è secco e deciso e che il messaggio colpisce con la sola vista delle scritte la funzione emotiva di chi guarda l’opera. Le scritte neon come sfumatura di significato hanno anche quello del trauma, elemento tipico nell’arte di Tracey Emin, attraverso il quale vengono raccontati gli aspetti più intensi dell’amore: la gelosia ed il tradimento.




Come poteva mancare uno dei massimi esponenti della pop art in questa mostra, nonché il mio preferito? Ebbene sì, Andy Warhol che ci presenta “One Multicolor Marilyn”, un’opera che fu realizzata tra il 1977 ed il 1986.
La rappresentazione di Marilyn Monroe, l'icona per eccellenza della bellezza femminile che pur essendo la più desiderata delle donne vanta di un grande carico di amori infelici. Una combinazione di neon blu evidenziato da colori caldi come il giallo e l’arancio. Quest’opera è la trasformazione di Warhol della star di Hollywood in una tavolozza invertita, che si basa sullo spazio negativo della tela, che aiuta a riconquistare il fascino di Monroe. 








Le opere presenti in questa sala simboleggiavano l’amore che va oltre i confini della malattia e lo splendore della bellezza catturata eternamente nell’istante precedente alla morte. Sulla sinistra l’opera di Marc Quinn “Kiss”  un sublime atto d’amore, durante il quale i corpi di due giovani si avvicinano in una sorta di comprensione, poiché la disabilità della quale entrambi sono affetti non gli concede l’abbraccio. Si percepisce alla vista l’intensità dell’opera che dietro la sua semplicità nasconde un significato profondo: tutti possiamo amare, poiché tutti ne siamo capaci. Nessuno non ne è capace, amare è un dono naturale che ognuno di noi possiede dal momento in cui nasce fino alla sua morte. 






Francesco Vezzoli, con Self Portrait as Apollo del Belvedere's (Lover), 2011.
Inizialmente le sculture di Vezzoli possono sembrare di cattivo gusto o pacchiane, ma questa impressione si basa su un grande fraintendimento della storia dell'arte e riguarda il mito di una statua antica e perfetta, che richiama concezione del marmo bianco delle statue precedenti, simbolo di purezza e classicità. Vezzoli si dimostra così di saper giocare sulla sua conoscenza della storia dell'arte, attraverso le sue statue policrome, su credenze generalmente accettate. 




Amore è anche mettersi in gioco in prima persona, e qui si ha la necessità, ancor prima del piacere, di esserci nell’opera e non più di guardarla da fuori. È ciò che Yayoi Kusama chiede a chi “visita” la sua Infinity Mirrored room, "All the Eternal Love I Have for the Pumpkins" (2016), dove lo spazio sembra infinito grazie a degli specchi nei quali ci si immerge e abbandona completamente, tanto da dimenticare che fuori esiste un mondo enorme e tanto da confondere quest'ultimo con la realtà reale per quanto di per se la stanza appaia grande e spaziosa. 
Gli equilibri tra uomo e mondo e tra dubbio e certezza si disintegrano nell’istante in cui chiudono la porta della stanza e rimani solo. Una nuvola di confusione penetra il senso della vista ed arriva fino alla nostra mente facendoci perdere la ragione. Personalmente ho dovuto fare la fila per rientrare due o tre volte in quella stanza poiché non riuscivo a spiegarmi come tanta immensità e tale resa degli spazi poteva essere rappresentata in un  cubo con delle zucche e degli specchi. Ancora una volta solo con la semplicità, che è è stata la colonna sonora di questo viaggio mistico, ho potuto camminare sul filo che tiene intatti gli equilibri di cui parlavo prima.





Infine c'era un muro, dove ognuno di noi poteva lasciare una scritta, spesso anonima, simboleggiante la persona o la cosa che in quel momento per lui o per lei rappresentava la personificazione dell'amore.













So che questo post non riguarda l'anno all'estero, ma questa mostra mi ha colpita molto perciò ho deciso di condividere la mia "esperienza" sul blog. 

Ps. La consiglio vivamente a chiunque di voi abiti a Roma o nei dintorni, sono soldi ben spesi!

Hope you enjoyed it!

A presto,
Martina


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